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  • Il personaggio della settimana - Martina Miceli

    E’ un palmares da fare invidia a chiunque, quello che può vantare Martina Miceli. Insieme alle altre atlete del Setterosa ci ha fatto esultare con vittorie dal sapore di impresa, ma soprattutto è stata capace di dare una spinta decisiva alla crescita della pallanuoto femminile, facendola brillare nel firmamento internazionale con un lungo ciclo di successi. In Nazionale Martina&co. hanno messo al collo un oro olimpico (Atene 2004), due ori mondiali (Perth 1998 e Fukuoka 2001) e 4 ori europei (Vienne 1995, Siviglia 1997, Prato 1999 e Lubiana 2003) più una decina di altre medaglie d’argento e di bronzo a grandi livelli.

    Ma Martina Miceli, bandiera azzurra e dell’Orizzonte Catania (da giocatrice vinti 9 campionati, una coppa Italia, 3 Len Cup e una Supercoppa Len), dove ora allena la prima squadra di Serie A (sua la coppa Italia 2012/2013), quando parla di pallanuoto ha l’entusiasmo di una ragazzina e una gran voglia di dare tutto per continuare a vincere. Nel terzo appuntamento del  “Personaggio della settimana” abbiamo l’onore di fare quattro chiacchiere con lei, per scoprire quale è la strada che porta alla pallanuoto e come raggiungere la meta in questo percorso fitto di soddisfazioni, ma per niente privo di ostacoli.

    Martina Miceli a 15 anni già giocava in serie A con la Polisportiva Palocco di Roma, ma il suo impegno era cominciata anni prima... “Sono scesa in acqua da piccolissima – racconta -. Vengo da una famiglia di nuotatori e per seguire i miei fratelli più grandi a 3 anni ero in vasca: nuotavo nella categoria Pulcini, ma nelle gare ero fuori classifica perché ero sotto età. Mi piaceva molto nuotare da agonistica, avevo già il culto della fatica. Eppure una volta presa in mano la palla mi si è aperto un mondo straordinario e non l’ho più voluta lasciare: per un anno ho fatto gare di nuoto e contemporaneamente le partite la domenica, dopodiché mi sono data completamente alla pallanuoto. Praticamente ho sempre vissuto in piscina”.

    E così, dopo l’esperienza alla Palocco e alla Racing Roma, Martina ha vestito per la prima volta la calottina dell’Orizzonte Catania… “Presa la maturità a scuola, ho lasciato Roma e mi sono trasferita a Catania. Negli anni ho provato a riavvicinarmi: ho giocato a Pescara, Firenze… ma l’amore per Catania e soprattutto per l’Orizzonte non si è mai sopito, tanto che appena ho avuto l’occasione sono tornata definitivamente in Sicilia. A Roma sono nata, c’è la mia famiglia, ma se ci penso bene ho vissuto più tempo a Catania e la considero la mia seconda casa”.

    Martina è donna di sport e di successo (anche Cavaliere e Commendatore al merito della Repubblica Italiana) e nessuno meglio di lei può rispondere a questa domanda: per una donna è più difficile conciliare la carriera sportiva con la vita privata? “Sì, è molto più difficile perché si è costrette a tante rinunce. Una su tutte, a non avere figli presto. Pensate che io ho vinto l’Olimpiade a 31 anni… se avessi scelto di avere un bambino prima, non ci sarei mai arrivata. A 34 anni ho pensato di smettere, poi a 36, a 38… alle prossime Olimpiadi, ai prossimi Mondiali… Insomma, il tempo passa e ti ritrovi ad avere fatto una scelta. Portare avanti una carriera sportiva per una donna significa fare compromessi e sacrifici che oltretutto non sono ripagati da un ritorno economico. Come sappiamo in tutti gli sport, compresi quelli pagati meglio della pallanuoto, le donne hanno compensi più bassi rispetto agli uomini. Ma per fortuna ci sono le soddisfazioni!”.

    E Martina di soddisfazioni ne ha avute (e date…) tante! Dall’oro olimpico fino a…? “Ogni vittoria e ogni partita importante, dalla finale dell’oratorio a quella olimpica, danno sensazioni simili. Però l’Olimpiade… già parteciparvi è un sogno. Vincerla in Grecia contro la Grecia è una favola! Se avessi scritto i miei obiettivi da bambina forse non sarei arrivata a tanto”.

    Però di momenti duri in una carriera ce ne sono. Quali sono stati i tuoi e come hai fatto a superarli? “Momenti duri e anche sconfitte dolorose, ma spesso si impara più da questi passaggi che dalle vittorie. Una delle più toste è di certo stata la mancata qualificazione per le Olimpiadi di Sidney da campionesse del mondo e d’Europa. Avevamo lavorato tanto per far sì che la pallanuoto femminile entrasse per la prima volta alle Olimpiadi e poi non ci siamo qualificate! Paradossalmente però, allo stesso tempo, è stato anche uno dei momenti di esaltazione più grande. La sera prima sembrava la fine del mondo, il giorno dopo invece ci siamo dette: ‘Vogliamo arrivare alle prossime Olimpiadi e vincerle!’. Credo che senza quella mancata qualificazione un gruppo come il nostro già su con l’età non sarebbe riuscito ad arrivarci così pronto, invece dal 2000 al 2004 abbiamo pensato solo a vincere l’oro ad Atene e ce l’abbiamo fatta”.

    Più esaltanti le gare in Nazionale o gli impegni internazionali con l’Orizzonte? “Mi ritengo fortunata perché in quel periodo quasi tutte noi dell’Orizzonte eravamo compagne anche in Nazionale e dunque non si sentiva tanto la differenza. Con le mie compagne ho vissuto l’età dell’oro della pallanuoto femminile… Ma indossare i colori azzurri è veramente un orgoglio grandissimo”.

    C’è una persona che devi ringraziare per aver contribuito a quello che sei riuscita a fare? “Di sicuro Pierluigi Formiconi, a lui devo tutto e lo stesso può dire tutto il momento della pallanuoto femminile italiana. Ci ha insegnato a giocare in un certo modo, a diventare un gruppo, una squadra vera. Grazie a lui è nato il vero Setterosa che tutti conoscono. E poi devo ringraziare ogni singola compagna: anche senza una sola di loro non avremmo potuto raggiungere quello che poi è stato”.

    Dopo una carriera d’oro da giocatrice ora sei un’allenatrice affermata. Quale è il ruolo più complicato? “E’ molto più complicato allenare. Giocare viene facile e quando hai finito allenamenti e partita, il tuo compito è concluso. Invece da allenatrice devi avere la testa lì tutto il giorno: è più complicato e anche più stancante, ma non più brutto! Le sensazioni dell’allenare sono esaltanti”.

    Martina non è l’unica della famiglia Miceli ad avere centrato delle imprese. Suo fratello Matteo, velista professionista, detiene il record di attraversata atlantica in solitaria e quest’anno ha provato anche il record del giro del mondo. “Tra noi c’è una sana rivalità. Siamo cresciuti insieme e appena io facevo qualcosa di importante nello sport, lui lanciava una nuova sfida. Credo che non avremmo fatto tutto questo l’uno senza l’altra”.

    E ora, cosa ti manca? “Mi manca vincere da allenatrice quello che ho vinto da giocatrice”. Anche in Nazionale? “Alla nazionale non ci penso. Penso al mio club, che è anche la mia famiglia. Qui abbiamo progetti e obiettivi ambiziosi da raggiungere”.

    Secondo Martina Miceli ragazzi e ragazze devono avvicinarsi alla pallanuoto perché..? “Innanzitutto perché è uno sport di squadra e per questo insegna valori che uno sport individuale non dà. La tolleranza, il porsi obiettivi di gruppo… è molto allenante anche per la vita. E in più nella pallanuoto c’è il contatto con l’acqua che dà quel qualcosa in più”.

    A questo punto manca solo un saluto alla Pallanuoto Riccione TRR, pronta ad affrontare un nuovo campionato di Serie C con la prima squadra, ma soprattutto a portare avanti progetti con il suo settore giovanile in crescita costante. “Questo mi fa molto piacere! Posso dirvi che appena ho iniziato da allenatrice all’Orizzonte Catania ho chiesto alla società di ripartire dalle piccolissime. Certo, qui c’è tradizione e forse è un po’ più facile, ma sono convinta che per fare crescere la pallanuoto si possa partire solo dalla base. Non tutti devono diventare campioni, ma tutti devono avere la possibilità di conoscere e praticare questo sport. Per questo faccio un grande in bocca al lupo alla Pallanuoto Riccione affinché i suoi progetti si concretizzino. Di società così ce ne vorrebbero mille….”.

    Giorgia Bertozzi